Giuseppe Slaviero è un Chirurgo “di lungo corso” che ha lavorato per decenni nella complessa sanità milanese. Dopo il pensionamento, ancora attivissimo, ha voluto mettersi a disposizione, insieme alla moglie Laura, della nostra Associazione. Gli abbiamo chiesto una breve testimonianza circa la sua attività a Nosy Be. Ci ha inviato un testo su cui riflettere.
Tanti bambinetti schiamazzanti o tranquilli, mezzo nudi o con abitini deliziosi, là sul prato davanti all’ambulatorio. Mia moglie Laura, che è psicomotricista, ha il suo bel da fare per lavarli, giocare e intrattenerli. Dipinge il loro viso con fiori, pesci, disegni geometrici, gialli, rossi, blu e i bimbi diventano farfalle, petali, soffi di vento. Ci sono anche mamme rispettose, i loro vestiti un drappo, colori sgargianti, sguardi dubbiosi. Non altere, dignitose. Gli uomini, discosti, attendono in silenzio.
Nell’ambulatorio visito molta patologia dermatologica, disturbi intestinali, disturbi respiratori. Parliamo in italo-franco-malgascio. Ci si capisce anche con altri linguaggi, del corpo, degli occhi, della sim-patia.
La vecchia suor Angelica di Niguarda puntualizzava che non esistono malattie incurabili (tutte le malattie sono curabili), ma alcune sono inguaribili. A Nosy be quelle inguaribili sono molto, molto più numerose che in Italia. Vedo patologie gravi per le quali in loco non si può far nulla. Ne ricavo angoscia e senso di frustrazione. Somministro paracetamolo per un tumore gastrico e del fegato.
La sanità pubblica in Madagascar non esiste. A Nosy be c’è un “Ospedale” a pagamento, che ho visitato grazie a un medico locale, che parla italiano perché “laureato a Roma, Italia” come specifica nella targhetta sulla porta del suo studio. Per la dignità malgascia non descrivo il luogo. In ”sala operatoria” ci sono tre cateteri vescicali e un elettrobisturi che, però, non funziona, è guasto. Non esistono pezzi di ricambio. Non esiste manutenzione. I chirurghi possono capire.
Il problema è che la gente comune, per mancanza di denaro, ha difficoltà ad accedere all’Ospedale, qualsiasi possa essere il trattamento che riceve. Il nostro Centro è gratuito. Non vado là per guarire, vado per curare.
Laura cerca di trasmettere alle mamme che ne hanno bisogno i fondamenti per un aiuto a bambini con difficoltà.
La struggente bellezza del paesaggio, i forti colori del giorno, il grande buio della notte, la Croce del Sud, le lunghe maree, l’oceano.
Noi siamo là, diamo quello che possiamo: è molto? è poco? Non si può rispondere, ma questo è certo: è una cosa buona e giusta che le persone si incontrino e che con positività interagiscano fra loro.
Per chi ha notato che Giuseppe ha scritto sim-patia, separando cioè “sim” e “patia” ricordiamo (citazione Wikipedia) che Il termine simpatia deriva dal greco συμπάθεια (sympatheia), parola composta da συν + πάσχω = συμπάσχω, letteralmente “patire insieme”, “provare emozioni con…”. Sim-patia vuole quindi enfatizzare la profonda condivisione della sofferenza altrui, sentimento indispensabile per un Medico che si avvicina alla realtà della Popolazione Africana.